Sono ben consapevole che parlare di fegato sui social o sul blog non sia esattamente come parlare di una crostata al cioccolato o un piatto di spaghetti alla carbonara: spesso si preferisce proporre ricette che possono risultare gradevoli alla maggior parte delle persone, tralasciando quei pezzi di storia che invece rischiano di essere persi per sempre. Quando ho iniziato a parlare di cucina veneta, ho deciso che avrei scritto indifferentemente di ricette golose come un macafame di pane avanzato addolcito da mele e uvetta, tanto quanto di fegato o di trippa: appartengono alla cultura culinaria della mia regione e rischiano di sparire dalle tavole di noi giovani. Nella macelleria in cui mi servo c’è sempre un gran via vai di clientela, spesso in questo periodo c’è una coda tale da dover attendere il proprio turno fuori dalla porta: se si rimane però seduti sul divanetto che hanno allestito all’interno, in un’ora di tempo probabilmente solo una persona, o forse nessuna, chiederanno di essere servite con del fegato o della trippa o, in stagione, con gli “ossi del mas-cio”, ossa di maiale con attaccati i pezzetti di carne scarto della lavorazione di tagli più nobili. Vanno molto le fettine di manzo che se cotte male sono morbide quanto una suola di scarpa, i fusi di pollo (neanche il pollo intero!) oppure preparati come le svizzere aromatizzate con l’aggiunta del radicchio o del formaggio. Abbiamo un po’ perso il senso dell’utilizzo rispettoso e integro dell’animale: alcune parti più fibrose, se cotte lungamente e con le accortezze giuste, oltre che essere super economiche sono anche nutrienti e deliziose.
Ma torniamo al fegato: sempre mangiato fin da piccolina, non mi ha mai impressionato come potrebbe essere per qualcuno che si approccia “da grande” a questo particolare taglio. E’ uno dei capisaldi della cucina veneziana: una ricetta semplicissima, povera, realizzabile in pochissimo tempo. Se ti impressiona, non riuscirò a convincerti, già lo so: non è questa la mia intenzione. Ma se invece vuoi dargli una chance, questa è la ricetta giusta.
Pulisci la cipolla scartando la buccia più esterna, simile a una foglia secca. Affettala molto finemente e ponila in una padella capiente fredda insieme all’alloro, all’olio e al burro. Su fuoco molto dolce, fai sciogliere il burro e contemporaneamente si stuferà la cipolla: non deve mai dorare o brunire, deve ammorbidirsi e risultare traslucida. Nel mentre, taglia a piccoli pezzettini irregolari il fegato, di circa 2/3 cm per lato. Non appena la cipolla sarà cotta, aggiungi il fegato e togli l’alloro. Fai cuocere dolcemente e appena cambierà uniformemente colore all’esterno, passando da rosso a marroncino, e si rassoderà, sarà cotto. Non cuocerlo troppo o rischierai di mangiare dei sassolini. Alza un pochino la fiamma, aggiungi l’aceto, fai sfumare per bene. Sala e pepa e servi caldissimo con il sughetto di burro e cipolle e la polenta.
Per la polenta: Fai scaldare in una casseruola molto capiente la quantità di acqua indicato sulla confezione della polenta che sceglierai, poi aggiungi una presa di sale e cuocila seguendo le istruzioni. Servila morbida al cucchiaio con sopra il fegato e il suo sughetto.